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lunedì 3 ottobre 2011
trenitalia
Leggetevi quest'informazione sui treni italiani. E la vostra esperienza di viaggio per l'Italia quale è stata?
FUORIPAGINA Il Manifesto 08/09/2011
Francesco Epico
Intercity 590 La targhetta gialla
Viaggio sull’Intercity Firenze-Roma all’alba di una mattina qualunque. Il treno corre nella notte andando incontro alla luce del giorno. Appena arriverò a Roma Termini avrò solo una manciata di minuti per prendere la coincidenza: il regionale veloce per Napoli. Architettandosi sui treni e sulle coincidenze e scegliendo convogli arrugginiti che non usano più nemmeno nel Far West, si riesce a raggiungere la meta con una quarantina di euro, contro il doppio dei treni belli e veloci. Passa il controllore e gli chiedo quanti minuti di ritardo abbiamo e lui, dopo aver guardato l’orologio, mi dice con fare trionfalistico che sono solo venti. Rimane a guardarmi con l’atteggiamento di chi si aspetta una pacca di approvazione sulla spalla. Devo ammettere che stavolta sono stati alquanto contenuti, ma fargli i complimenti non me la sento proprio. Raggiungo la carrozza di testa per scendere al volo perché se perdo il treno per Napoli, va a capire a che ora arrivo. Sono in prima posizione e guardo con fierezza quelli che avevano avuto la mia stessa idea, ma che avevo bruciato sulla velocità. Per viaggiare in treno bisogna essere esperti, devi sapere il momento preciso in cui fare le cose.
A un certo punto un signore grida: "La targhetta gialla!!" E scoppia il caos. Guardo l’individuo cercando di capire se fosse un agente della Cia che si esprimeva in codice. La targhetta gialla e tutti cominciano a muoversi all’impazzata. Ma è un incendio? Un terremoto? Un attacco alieno? Domando a un signore accanto a me. Lui mi dice che la targhetta gialla è solo l’ultima invenzione di Trenitalia e sta ad indicare che quella porta non si apre. In pratica invece di aggiustare le porte che non si aprono, ci mettono una targhetta e buonanotte ai suonatori. Insomma, rimango fregato perché tutti si sono voltati per raggiungere la prima porta senza targhetta gialla, e io sono rimasto l’ultimo.
Giunto a Roma non posso che constatare che la coincidenza se ne era andata, portandosi via la mia speranza di arrivare ad un orario ragionevole. Mi giro intorno per cercare il controllore trionfante e per spiegargli che quei venti minuti di ritardo, che a lui sembrano una quisquiglia, per me si tradurranno in un paio di orette. E poi vorrei capire perché se in Italia qualcosa parte in orario, quelle sono le coincidenze. Accipicchia!
Va bene, va. Prendiamola con filosofia. Mi dirigo verso le biglietterie per effettuare il cambio biglietto con il primo treno per Napoli. Vedo da lontano una fila corta, con poca gente e una lunghissima che mi sembrava un capitolo dell’ Antico Testamento. Ovviamente mi dirigo verso la fila corta, cullandomi nell’illusione di essere l’unico uomo intelligente presente alla stazione Termini. Poteva anche essere, no? No.
Ancora tre o quattro persone e sarebbe toccato a me. La fila di fronte, quella lunga, oscilla in maniera preoccupante. Le due signorine dietro al banco della fila corta sono veramente belle e curate nei dettagli, tanto che penso che per sceglierle ricorrano ai casting. Questo sportello è solo per le Frecce, signore. Dalla faccia che fece Noemi quando vede il mio biglietto, ritengo che nel chiamarmi signore abbia voluto strafare. Provo a sottolineare che il mio è un regionale veloce e non uno normale. Niente, devo cambiare fila.
Mi metto dietro alla persona numero duecento e comincio a pregare. Prima che tocchi a me ci vorrà molto tempo. A questo punto comincio a pensare che sforerò anche le due ore di ritardo che avevo preventivato. Mi giro intorno e non vedo il controllore ottimista, chissà dove sarà. Mi sento come un emigrante del dopoguerra in partenza per l’America, in fila su una banchina malferma e con il futuro rinchiuso in un pacco legato con lo spago. L’emigrante rispetto a me aveva però un notevole vantaggio: lui sperava in un mondo migliore.
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Complimenti per il tuo blog, è molto bello. Davvero interessante ed utile!!!
RispondiEliminaSpero di essere all'altezza
Grazie mille per appendere l'articolo, Antonella! Da morire dal ridere... perché la realtà è giusto come ce la racconta! E' lo stesso che mi è successo l'anno scorso a Bologna! E non capivo perché nessuno si fermava di fronte a quella maledetta porta con la targhetta gialla (il testo c'era dall'altra parte) ed io continuavo a premare il pulsante per aprila! Ma ancora c'è un vantaggio: i treni si fermano più minuti in Italia che in Spagna, dunque abbiamo un po' più di tempo per scendere oppure salire.
RispondiEliminaDevo dire però che quasi tutte le volte che ho presso i treni in Italia sono stati puntuali; e quando sono stati in ritardo lo hanno annunciato per gli altoparlanti.
E per quello che riguarda alle coincidenze, beati voi! Se chiedeste alla Renfe, sono sicuro che vi darebbero gli orari degli autobus prima di cercare il treno adatto. Siete fortunati di non avere ancora le ferrovie privatizzate di fatto!
Salutti!
È proprio vero che è più facile vedere la pagliuzza nell'occhio altrui che nel proprio, come dice il vangelo (non ricordo secondo chi).
RispondiEliminaAnch'io trovo che in genere i mezzi funzionino meglio qui che in Italia. Chissà perché abbiamo queste percezioni così distorte?
Forse è perché siamo più tolleranti con quel che ci riguarda più o meno indirettamente?
Comunque, questioni esistenziali a parte, buon viaggio a tutti nell'italiano.
Tutte siamo all'altezza di dire la nostra, perciò non perdetevi d'animo!!
i problemi non riguardano solo i trasporti, ma anche queste autostrade virtuali dell'informazione. Pare ci siano nuovamente problemi per postare commenti.
RispondiEliminaChi la dura la vince!
Da brava studentessa fuori sede potrei raccontarne mille di storie come questa...ma vi riassumo solo l'ultima: a luglio dovevo tornare da Roma, dove ero stata una settimana per sbrigare delle faccende, a Napoli, dove vivevo prima di venire a Bilbao. Dovendo prendere il treno regionale (il più economico) delle 8.24 esco di casa alle 7.20 per andare a prendere il trenino metropolitano esterno (una specie di cercanías romano) che mi avrebbe portata in stazione. Di solito ne passa uno ogni quarto d'ora, ma quella mattina fortuna vuole che il treno delle 7.30 arrivi con la bellezza di 10 minuti di ritardo, che nel giro di pochi altri secondi diventano 20, 25, 35 e infine 40. Dopo 40 minuti arriva il treno e facendo una corsa disperata riesco ad infilarmi nel treno proprio un secondo prima che si chiudessero le porte. Ovviamente non avevo avuto il tempo di fare il biglietto, cosa che non mi capita mai, per cui non avevo idea di cosa mi aspettasse. Da brava e onesta cittadina mi avvicino subito al capotreno per comunicarglielo e lui mi spara un prezzo di 50 euro superiore a quello del biglietto, dicendomi che era la prassi. Al che io che in tasca avevo 15 euro ho detto: ok, scendo alla prossima stazione e aspetto il prossimo regionale. Alla stazione successiva le biglietterie erano chiuse senza che fosse minimamente indicato il perché, nessuno a cui chiedere informazioni, e soprattutto: nessun treno in arrivo. Ne passa uno che mi avrebbe avvicinata, lo prendo, scendo a Formia sperando di prendere da lì un intercity, più caro ma più rapido (forse). Biglietteria inavvicinabile, quella automatica segnava che i treni successivi erano già al completo. L'unica cosa che ho potuto fare è stata aspettare un'ora e mezza che arrivasse un altro regionale nel bar della stazione dove speravo di poter almeno lavorare con il mio pc, per cui avevo chiesto se avessero la connessione wifi...probabilmente avranno pensato che fosse il nome di un panino...finalmente prendo il treno e mi ritrovo al fianco di un bambino iperattivo e della sua mamma disperata. Arrivo a Napoli sfinita e mi dico che per percorrere i 200 km che separano Napoli e Roma avrei fatto prima ad arrivare in Spagna. E infatti eccomi qui.
RispondiEliminaAllora dovremo dire grazie alle ferrovie dello stato, perché hanno fatto che arrivasse da noi una lettrice proprio in gamba.
RispondiEliminaOvvero: "non tutto il male vien per nuocere".
Mi pare che sia uno stereotipo sulla puntualità italiana! Tuttavia è un bellissimo racconto!
RispondiEliminaComplimenti e baci Judith
Magari fosse uno stereotipo!!! Potrei raccontarne altre cento, ahimé!
RispondiEliminaComunque grazie per i complimenti, sia a Judith che ad Antonella! Lettrice felice!