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giovedì 22 novembre 2012
L'età del consenso
Una studentessa del livello B2, Susana, ci propone un dibattito sull'età del consenso per i rapporti sessuali. A tale proposito, ha raccolto una serie di informazioni che qui pubblichiamo.
Il concetto legale di età del consenso viene usato proprio per indicare le attività sessuali che un minorenne può compiere da consenziente, anche se non ha raggiunto la maggiore età. Dopo una breve ricerca per sapere quali fossero i limiti di età, è sorprendente quello che ho scoperto: anche se la legge varia da stato a stato la media è vicino ai 16 anni, con punte verso il basso di 12 e verso l'alto di 20. Secondo voi qual'è l'età giusta? Quando finisce il tempo di non essere più un bambino? Sapevate che una delle pochissime nazioni al mondo in cui l'età del consenso sessuale è fissata a soli 12 anni è il Vaticano, seguita dalla Spagna a 13? Come mai in un paese cattolico non si dovrebbe attendere comunque i 18 anni, ovvero quando il matrimonio può essere contratto?
Mentre in alcuni paesi il concetto è del tutto assente in altri, preoccupati per la protezione dell'infanzia, come la Turchia o l'India, bisogna attendere la maggiore età. In quest'ultimo il sesso è punito negli adolescenti, con prigione da sei a dodici anni e una multa da 24.000 euro a 240. 00 euro. In Italia, invece, l'età è fissata a 14 anni, ma i partner devono avere una differenzia massima di 3 anni. La legge però è complessa e piena di contraddizioni. A 14 anni siamo già capaci di intendere e volere, di decidere sulle cose importanti della propria vita? Per essere considerato un maggiorenne, ad esempio per votare o per contrarre matrimonio, occorre avere almeno 18 anni, a cosa serve, dunque, fissare un'altra età “per il consenso”?
Ereditata dal maschilismo e dalle società dittatoriali e comuniste, questa legge ha scatenato molte polemiche e continua a non essere accettata da numerosi scienziati intellettuali e senatori. Costoro sono a favore dell'abolizione, dato che si rinforzò a seguito della rivoluzione sessuale e dei costumi degli anni '60 e 70', in un momento in cui non c'era ancora stato lavoro intellettuale, sociale e scientifico sul tema; cioè, non vi era ancora piena conoscenza dei gravi traumi subiti dai bambini erotizzati. Su questo venne fatta luce soltanto dagli anni '90 in poi, e la cui mancata conoscenza non permetteva di avere la stessa sensibilità di oggi. Se andiamo avanti così, dove mettiamo la parola “pederastia”, una piaga nella nostra società? C'è molta paura che diventi qualcosa di normale, di consueto, di usuale nella vita. I bambini hanno bisogno di una grande protezione; purtroppo il termine “Pederastia” si ritrova raramente nei testi ufficiali, sia internazionali che nazionali; perciò, nella maggior parte dei Paesi europei la legge non lo conosce. Si limita a parlare di attentato al pudore, di abuso sessuale, di aggressione con o senza violenza. Il termine ha mantenuto un contenuto ambivalente forse a causa di una certa cultura che ama cantare “l'amore giovane”, ed evidenziare la “carica sessuale” che è presente nel bambino, piuttosto che denunciare le disparità e la violenza intrinseca in certi atti sessuali, anche non violenti, tra un adulto e un minore.
Sono convinta che portare l'età del consenso minima almeno a 16 anni rappresenti un atto di responsabilità verso i bambini e gli adolescenti, in modo da ridurre il rischio di farli cadere in situazioni pericolose.
Riportiamo anche la definizione di "minore" secondo l'enciclopedia Treccani.
Per quanto riguarda invece il termine "erotizzazione", ci rifacciamo alle considerazioni raccolte nella Carta dei Diritti dei Bambini.
Se poi desiderate sdrammatizzare un po' l'argomento decisamente tosto, guardatevi la seconda puntata della 55esima edizione dello Zecchino d'oro, (concorso di canzoni per bambini), in occasione della 23ª Giornata Mondiale dei Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza, e ascoltatevi La Ballata del Principe Azzurro a proposito di capacità decisionale dei bambini.
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